Quali azioni posso esperire avverso il danneggiante qualora il fatto illecito gli abbia procurato un vantaggio superiore al danno cagionato?
Con arricchimento ingiusto derivante da fatto illecito si fa riferimento a quelle situazioni in cui il fatto illecito procura all’autore un arricchimento che supera il danno.
La questione attiene soprattutto ai diritti immateriali che si contraddistinguono per la compresenza di due componenti: una di godimento; l’altra di disposizione. Se la lesione del potere di godimento presuppone normalmente un’attività meramente materiale (es. distruggendo il bene, incido sulla sua materialità producendo un danno ma non ottenendo profitti); la lesione del potere di disposizione, al contrario, implica l’esercizio di un’attività giuridica (es. soggetto che sfrutta abusivamente l’altrui brevetto traendone utilità; ovvero bene materiale concesso abusivamente in locazione senza autorizzazione del proprietario, da cui traggo un’utilità corrispondente al canone abusivamente percepito).
L’eventualità che si verifichi in capo all’autore dell’illecito un profitto inferiore al danno che cagiona la vittima viene in considerazione in particolar modo, rispetto a diritti di questo tipo, la cui componente essenziale è integrata soprattutto dal potere di disposizione.
Tanto premesso occorre chiedersi quale azione possa essere esperita nel caso di specie, al fine di recuperare l’ingiusto arricchimento.
Da un lato, non può ritenersi operante l’art 2043 c.c., poiché detta disposizione guarda alla vittima e al danno che essa ha subito, piuttosto che all’autore della violazione e al profitto che ha conseguito.
Dall’altro, neppure può ritenersi utilizzabile l’azione di ingiustificato arricchimento di cui all’art 2041 c.c. trattandosi di azione sussidiaria che presuppone un fatto non illecito che dà luogo ad uno spostamento patrimoniale ingiustificato, e che consente di recuperere la diminuzione patrimoniale nei limiti dell’arricchimento.
Talvolta è lo stesso legislatore ad introdurre appositi rimedirecuperatori contenuti in disposizioni speciali.
Pensiamo ad esempio all’art 125 co. 3 del Codice della Proprietà Industriale che prevede la possibilità di chiedere la restituzione degli utili realizzati dall’autore della violazione, in alternativa all’azione di risarcimento del danno.
Non sempre però gli interventi normativi risultano altrettanto puntuali e precisi. L’art 158 co. 2 della Legge sui Diritti d’Autore per esempio, attribuisce al soggetto leso nell’esercizio del diritto di utilizzazione economica a lui spettante, la facoltà di agire in giudizio per ottenere il risarcimento del danno, valutato in relazione al lucro cessante tenendo conto degli utili realizzati in violazione del diritto.
È di tutta evidenza che nel caso in esame, attraverso una contaminazione del rimedio aquiliano, si tenta di far rientrare nell’art 2043 c.c. uno strumento di tutela recuperatoria degli utili che poco ha a che fare con l’ottica risarcitoria. Formalmente risarcisco il lucro cessante, cioè il mancato guadagno; sostanzialmente invece, stimo questo lucro utilizzando come base di riferimento l’arricchimento ingiusto. Mentre il rimedio aquiliano incontra però il limite dell’ingiustizia del danno; nel caso di specie, l’illecito procura al suo autore più profitti di quanto siano i danni subiti dal titolare del diritto leso.
Non sempre peraltro il legislatore è intervenuto a predisporre un apposito rimedio recuperatorio. Nel caso di bene dato in locazione dal comproprietario senza il consenso dell’altro comproprietario, le SS.UU. del 2012 sono ricorse allo strumento della negotiorum gestionell’ipotesi peculiare dell’art 2032 cc.Alla luce di tale disposizione il gerito avrà due facoltà.
La prima, non ratificare l’operato del gerente e chiedere il risarcimento dei danni subiti.
La seconda, ratificare il suo operato e conseguentemente appropriarsi dei risultati della gestione, pretendendo che gli siano versati gli utili che questi ha percepito dalla gestione
Avv. Daniela Scarselli
15/11/2016